LA PERSONA E IL CONTESTO LAVORATIVO



Il lavoro è un elemento centrale nella vita di una persona ed è fondamentale nel definire l'identità del soggetto. La psicologa Marie Jahoda, nata nel 1907 e morta nel 2001, ha studiato approfonditamente l'importanza del lavoro nella vita di una persona e ha proposto cinque funzioni del lavoro: 
- struttura il tempo
- permette contatti sociali
- costruisce un'identità sociale e un ruolo 
- collega scopi individuali e collettivi
- garantisce un'attività regolare, ovvero un'espressione delle proprie potenzialità.



controllabilità e autostima


Secondo la psicologia la percezione o l'impressione di controllabilità è la sensazione soggettiva di avere un'influenza sugli eventi; e ciò influenza direttamente il giudizio della persona nei confronti del lavoro in cui è impegnata.
Mentre l'autostima e di conseguenza la motivazione vengono influenzate dal senso di efficacia del sé.


gli stili attribuzionali


Il modo in cui si individuano le cause dei propri successi e insuccessi dipende da come si giudica il proprio ruolo con la sua controllabilità e la sua efficacia.




Esistono diverse differenze: la prima è la percezione di minore o maggiore controllabilità, un'altra è vedere le cause di un comportamento come qualcosa di interno o esterno a , ovvero riguardante il contesto e la situazione; perché ogni persona si focalizza su aspetti diversi di un problema, cercando soluzioni su percorsi differenti. Poi c'è un fattore d'influenza che nel proprio lavoro può essere percepito come qualcosa di stabile oppure come una cosa accidentale.

Ognuno spiega le cause del proprio comportamento e quello delle altre persone con "stili" differenti, ovvero gli stili attribuzionali e la valutazione delle cause di un comportamento umano è riconducibile alle tre coppie di categorie generali:
- la causa di un risultato è interna, se la persona è la causa o esterna, se la causa è altrove;
- la causa è un elemento stabile, che persiste nel tempo oppure accidentale, che è momentaneo o contingente;
- la causa è percepita come controllabile o non controllabile dalla persona coinvolta.


l'equità percepita

Il modo in cui una persona percepisce il proprio ambiente lavorativo dipende da come si sente trattata rispetto agli altri colleghi.

Secondo la cosiddetta teoria dell'equità percepita che venne elaborata dallo psicologo John Stacey Adams nel 1963, la motivazione di un individuo nel suo lavoro è il risultato dell'equilibrio percepito tra gli sforzi compiuti e la ricompensa ottenuta, ovvero l'equità interna, che viene poi confrontata con la situazione degli altri, ossia l'equità esterna. La percezione di equità si ottiene se il trattamento percepito per sé viene considerato pari a quello degli altri colleghi: il mio sforzo e la mia ricompensa devono essere uguali allo sforzo e alla ricompensa dell'altra persona.
Più la situazione è equa, più il l'individuo è motivato nel suo compito; al contrario la percezione di un trattamento non equo crea un senso di frustrazione, in chi si vede trattato peggio dell'altro, e un senso di colpa in chi si sente trattato meglio dell'altro. Percependo un'ingiustizia si cerca di modificare la situazione affinché si ristabilisca l'equilibrio: questo può avvenire in modo immediato oppure nel cambiamento del modo in cui la persona percepisce il valore degli sforzi e delle ricompense.


motivazione ed emozioni

La motivazione, determinata da bisogni e desideri, è strettamente legata alla dimensione emotiva e affettiva della persona. In particolare, la soddisfazione o non soddisfazione di un'aspettativa è fonte immediata di emozioni. 

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